Non aprite quel fascicolo: che cosa nasconde il 9520
Gli interrogatori di alcuni magistrati svolti a Roma, i documenti raccolti dalla Finanza sulla "confidente Ariosto", il nastro registrato dalla polizia al bar Mandara. Alla procura che ribadisce la sua correttezza, le difese degli imputati ribattono elencando circostanze e fatti. Che trasformano i pm da accusatori in accusati

di Maurizio Tortorella
Di sicuro la formula della Coca-Cola. Poi anche certi riti dei monaci tibetani. E forse alcuni tra i più delicati dossier della Cia. Sì, al mondo esistono segreti veramente impenetrabili. Ma anche in Italia ce n'è uno che, più di altri, pare inespugnabile, insondabile: è il contenuto del fascicolo 9520.
Tutti lo chiamano, ormai, il "famoso fascicolo 9520": è il contenitore d'atti giudiziari, alla base dell'inchiesta di "Toghe sporche", che era stato aperto dalla procura di Milano nell'estate del 1995 contro Cesare Previti e altri indagati per corruzione in atti giudiziari.
Tra il 1997 e il 1998, dal fascicolo 9520 sono stati stralciati, cioè separati, una serie di importanti processi, tutti in corso a Milano: l'Imi-Sir, il Lodo Mondadori, lo Sme. Il 9520, però, ha continuato a vivere di vita propria e oggi (otto anni più tardi) è ancora aperto contro ignoti ed è tuttora coperto dal segreto investigativo.
Da alcuni mesi, proprio sul fascicolo 9520 si è accesa una battaglia senza quartiere: secondo gli imputati dei processi milanesi, da Previti a Silvio Berlusconi, la procura userebbe quel segreto, prolungato oltre ogni limite di legge, allo scopo di nascondere nel fascicolo una serie di prove utili per le difese: interrogatori, atti d'indagine, documenti in grado di scagionare gli accusati.
In giugno anche un'ispezione ministeriale, sollecitata dalla difesa di Previti, non è riuscita a fare breccia nel mistero: Arcibaldo Miller e Ciro Monsurrò, i due magistrati-ispettori incaricati di verificare se davvero il 9520 contenga illegittimamente documenti fondamentali per le difese, sono stati respinti da Ilda Boccassini e Gherardo Colombo. I due sostituti procuratori milanesi, responsabili del fascicolo d'inchiesta, hanno opposto anche nei loro confronti il segreto d'indagine.
Ora, però, sul fascicolo 9520 si è aperta una partita decisiva. Il 10 luglio la procura di Brescia ha avviato un'indagine per abuso d'ufficio contro Boccassini e Colombo: il procuratore Giancarlo Tarquini è al lavoro, affiancato dai sostituti Antonio Chiappani e Francesco Piantoni. Sono state tre settimane di interrogatori, richieste di spiegazioni, accertamenti, controdenunce.
Gli inquirenti bresciani devono scoprire se sia fondata l'accusa di abuso. Se, insomma, il segreto investigativo possa estendersi per otto anni a un fascicolo d'indagine. Il codice di procedura penale indica un termine massimo di due anni. E qui c'è una prima differenza d'interpretazione. I pm milanesi sostengono che il fascicolo 9520 oggi è aperto contro indagati ignoti, quindi non ha bisogno di altre proroghe da parte del gip: l'ultima, hanno ricordato Boccassini e Colombo, fu autorizzata dal gip Alessandro Rossato nel settembre 1997. E aggiungono che il "fascicolo dei misteri" non contiene più nulla che riguardi direttamente Previti e gli altri imputati.
Al contrario, Alessandro Sammarco e Giorgio Perroni, i due avvocati di Previti, chiedono alla procura di Brescia di procedere addirittura al sequestro del fascicolo, e sottolineano che nel settembre 1997 il gip Rossato in realtà aveva prorogato le indagini non per il 9520, ma soltanto per un altro fascicolo d'indagine (per l'esattezza il numero 3899 del 1996) che al 9520 era stato precedentemente riunito.
E mentre la procura generale di Milano, il 30 luglio, ha deciso di non avocare il "fascicolo dei misteri", e in pratica ha stabilito di non avere competenza a indagare su presunti abusi, si vedrà ben presto che cosa decideranno Tarquini e i suoi sostituti.
Finora, però, resta senza risposte una domanda centrale: che cosa c'è dentro il "fascicolo dei misteri", tanto gelosamente custodito? Nel corso degli anni, quasi sempre per caso, ne sono emersi alcuni documenti importanti. Ecco i più interessanti.
I due interrogatori romani
Sicuramente nel fascicolo 9520 erano stati rubricati almeno due interrogatori, resi alla fine del marzo 1996 dal pm milanese Paolo Ielo. Poche settimane dopo l'arresto dell'ex capo dei gip di Roma, Renato Squillante, Ielo era nella capitale proprio per cercare conferme all'impianto accusatorio, che voleva Squillante "al soldo" di Berlusconi e della Fininvest.
Il primo verbale è quello di Claudio D'Angelo, ex giudice istruttore, che nel 1996 aveva descritto uno Squillante estremamente corretto. D'Angelo, oggi sostituto procuratore a Tivoli, era stato chiamato a testimoniare il 5 luglio 2002 nell'aula del processo Sme, a Milano. E in quell'occasione aveva rivelato di essere stato interrogato da Ielo sei anni prima: "Dissi a lui quel che dico oggi a voi: e cioè che Squillante non è mai intervenuto nei processi". Eppure il verbale di D'Angelo non era mai stato depositato a Milano: era finito alla procura di Perugia, e lì ne hanno scovato una copia i difensori di Silvio Berlusconi.
Il secondo interrogatorio è quello di Mario Casavola, un altro giudice romano. Al contrario di D'Angelo, Casavola aveva raccontato che Squillante, suo capo, nel 1989 era intervenuto pesantemente su un procedimento (affidato a Casavola) che ipotizzava illeciti a carico del centro studi bolognese Nomisma, e aveva premuto per l'assoluzione di Romano Prodi e di altri indagati.
Anche questo interrogatorio, realizzato all'interno del fascicolo 9520, era stato spedito da Ielo alla procura di Perugia, e qui se n'erano perdute le tracce. Ora gli avvocati di Previti sono sicuri che gli interrogatori svolti nel marzo 1996 a Roma potrebbero essere stati ben più di due. Se è vero, cosa dicevano gli altri colleghi di Squillante? Perché i verbali non sono stati depositati nei processi milanesi contro di lui? E che fine hanno fatto tutti i verbali?
Le carte della confidente
Nel fascicolo 9520 sono quasi sicuramente archiviate anche le carte della Guardia di finanza sulla teste Omega. Dal febbraio 1995, e per cinque mesi, Stefania Ariosto era stata sentita come "confidente" dalle fiamme gialle milanesi sulle presunte corruttele dei magistrati romani. Poi, in luglio, aveva svolto il primo vero interrogatorio davanti al pm Francesco Greco.
Alcuni mesi fa solo una parte degli atti, scoperti per caso dalle difese degli imputati di Toghe sporche, fu consegnata agli avvocati nel processo Imi-Sir. Ora il comandante del Nucleo della polizia tributaria milanese, Roberto Piccinini, scrive agli avvocati di Previti, i quali vorrebbero avere copia integrale della documentazione riguardante la "confidente Ariosto", che tutto è "contenuto nel fascicolo numero 103860", conservato negli schedari del comando. Piccinini aggiunge però che la documentazione è "destinata a esclusiva utilizzazione nell'ambito dell'ufficio del pubblico ministero".
Insomma, la documentazione sulla confidente Ariosto c'è, però gli imputati non possono vederla. Ma se la lettera dice il vero, esistono anche altre carte, e quasi certamente sono nel fascicolo 9520.
La bobina del bar Mandara
Anche l'originale del nastro registrato dalla polizia nel bar Mandara di Roma il 2 marzo 1996 è sicuramente nel 9520. In realtà, nessuno ha mai visto l'originale della cassetta, la "prova regina" che aveva portato all'arresto di Squillante per le parole pronunciate all'interno del bar, e che successivamente era stata considerata "una sorta di confessione mediata" dal giudice Rossato, che aveva rinviato a giudizio Squillante e tutti gli altri indagati di Toghe sporche.
Strana storia, quella del nastro. Quando un tecnico delle difese lo ha fatto ascoltare in aula, si è scoperto che era praticamente inintelligibile. A Perugia, dove un procedimento per falso è stato aperto alla fine del 1999, si sta ancora indagando sulle "manipolazioni" che i periti hanno accertato furono eseguite sulla registrazione. Poi, nel luglio 2002, la procura perugina aveva ordinato il sequestro della bobina originale presso la procura di Milano, ma un cd-rom, contenente una doppia copia dell'intercettazione (una "filtrata" e una originale), si era rotto tra mille polemiche. Di certo, anche il vero e unico originale nastro del bar Mandara è nel 9520. Chissà se qualcuno riuscirà mai ad ascoltarlo.
SEGRETI DI INDAGINE, I PALETTI DELLA LEGGE
La durata massima delle indagini preliminari, secondo l'art. 407 del codice di procedura penale, non può superare i 18 mesi.
Il tetto sale però a due anni nel caso di reati particolarmente gravi. Tra questi: la strage, i delitti di mafia, l'omicidio, la rapina, l'estorsione, i delitti di terrorismo, l'induzione alla prostituzione minorile, la violenza sessuale nei confronti di minorenne.
Il codice prevede che "gli atti compiuti dal pm dopo la scadenza del termine non possono essere utilizzati". Nel caso di reati commessi da ignoti, l'art. 415 del codice di procedura penale prevede che, sei mesi dopo la registrazione della notizia di reato, il pm debba chiedere al giudice la richiesta di archiviazione o l'autorizzazione a proseguire le indagini.
Sempre l'art. 415 prevede che, anche nei reati commessi da ignoti, "si applicano le altre disposizioni" sui termini delle indagini preliminari.