La strategia della tensione l'arte della conservazione del potere

 

Non un fatto, ma una drammatica concatenazione di avvenimenti dietro ognuno dei quali si intravede un complesso meccanismo di controllo e di condizionamento della vita politica italiana. Un meccanismo non sempre univoco. Il fotointro.jpg (33773 byte)disordine sociale, l'insta- bilità, la minaccia e il terrore sono i mezzi con cui, dietro le quinte del potere, per anni, un coacervo di forze - spesso in antitesi e in competizione tra loro - ha giocato una partita di morte dai contorni ancora in gran parte da definire. Servizi segreti italiani ed internazionali, strutture armate occulte, la parte della destra estrema più sensibile alle scorciatoie del golpismo, lobby segrete, gruppi di dominio corrotti, centrali economiche preoccupate del cambiamento, complicate alleanze dove sfumano e si mescolano le differenze tra legalità e illegalità, tra corpi dello stato e criminalità, tra fenomeni spontanei ed altri abilmente manovrati. Una vera e propria Strategia della Tensione comincia a delinearsi in Italia, almeno nei suoi aspetti teorici, nella prima metà degli anni Sessanta. Fonti istituzionali come la commissione stragi, ma anche numerose fonti pubblicistiche, individuano - forse un po' semplicisticamente - la nascita di questo tipo di trama nel convegno dell'Istituto Pollio che si svolge dal 3 al 5 maggio 1965 all'Hotel Parco dei Principi di Roma. Ma è solo in coincidenza con i grandi sommovi- menti sociali del '68-'69 (lotte studentesche ed autunno caldo) che il Partito della Tensione scende sistematicamente in campo, mettendo in atto la sua vera strategia che si realizza, al ritmo cadenzato delle bombe gettate nel mucchio, nel periodo (1969-1974), gli anni orribili dello stragismo più forsennato. Una strategia per nulla destabilizzante delle istituzioni - come per anni una sinistra, tanto ufficiale quanto cieca, si è ostinata ad affermare - ma l'esatto contrario: la stabilizzazione al centro del potere politico. Proprio quel centro della   vita  nazionale di  questo paese, del quale, ancora oggi, l'Italia sembra non volere e potere fare a meno. La Strategia della Tensione, quindi,   come     un            apparato perfettamente intercambiabile di uomini - per lo più servitori dello Stato e loro accoliti - al servizio di un'idea precisa: la conservazione del potere rispetto a qualsiasi forma di cambiamento. Ed è proprio in quest'ottica di immutabilismo che si collocano strutture segrete come Gladio, come i Nuclei di Difesa dello Stato e formazioni dal profilo politico quanto mai ambiguo come il MAR di Fumagalli. Oppure teorie dalle conseguenze nefaste, come quella degli opposti estremismi e la sua diretta conseguenza: l'inarrestabile spirale fascismo-antifascismo. Non è un caso che il Partito della Tensione e la strategia che lo stesso sviluppa comincino a defilarsi dalla scena nella seconda metà degli anni Settanta, cioè appena la sinistra (cioè il PCI), prima con la teoria del compromesso storico e poi con la piena accettazione della pratica del consociativismo (nessuna scelta di governo senza il consenso dell'opposizione) cessano di essere un'alternativa temibile all'assetto dominate. La Strategia della Tensione abbraccia e divora, quindi, un ben definito periodo della storia dell'Italia repubblicana. Ma il mistero delle sue trame è ancora praticamente integro.

 

 

Ha sollevato una montagna di polemiche il documento presentato il 22 giugno 2000 dai capigruppo dei Democratici di Sinistra inerente la strategia della tensione e lo stragismo in Italia. Un testo di 326 pagine (scaricabile qui sotto) che è un po’ la summa della miriade di inchieste condotte in questi anni dalla magistra- tura italiana e dell’acquisizione di documenti e materiale informativo da parte della commissione stragi. Al di là dei toni polemici e di alcune affermazioni, tutte da verificare, riguardanti il ruolo di alcuni esponenti della destra ancora presenti nel parlamento italiano (in particolare il capogruppo di Alleanza Nazionale al Senato, Giulio Maceratini), il docu- mento dei DS non è materiale da buttare. Anzi, ad avviso di Misteri d’Italia, offre un quadro di insieme – pur tra non poche forzature e alcune fantasie – che è sicuramente l’insieme di riferimento da cui partire, la chiave con la quale scardinare molte delle storie oscure della nostra storia. E’, ad esempio, apprezzabile che - anche se con più di 30 anni di ritardo - gli eredi del PCI sconfessino i loro padri ed ammettano che "le stragi sono state stragi di Stato". Quindi – e qui ci vorrebbe una forte autocritica – le stragi non erano destabilizzanti come, invece, per anni i leader comunisti si affrettavano a gridare ad ogni esplosione di terrore. Le stragi, al contrario – come la nuova sinistra ha sempre sostenuto – erano stabilizzanti, favorevoli cioè al mantenimento dell’assetto di potere. E’    un   documento, quello dei DS, che merita una riflessione ed un’ampia discussione, anche al di là di alcuni luoghi comuni un po’ vetusti (i rapporti Delle Chiaie – D’Amato, mai dimostrati, solo per fare un esempio) o il ruolo di Aginter press. Ma avremo tempo per tornare a discutere questo documento del quale – lo ripetiamo – Misteri d’Italia apprezza soprattutto lo sforzo sistematico.Quello che non ci è piaciuto è che alla presentazione del dossier fossero presenti alcuni magistrati (Salvini, Mastelloni, Priore, Vigna) e un funzionario del ministero della Giustizia come Caselli) che proprio sullo stragismo ed annessi hanno lavorato in questi anni. Una cosa sono la politica e le analisi politiche, un altro la magistratura e le sue conclusioni. Nessuna frammi- stione è ammissibile. Salvo poi indignarsi nel sentir parlare – e a ragione – di "toghe rosse" e di "partito dei giudici".
 
 
 

inserito da domenico marigliano blogger

 

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